„Scrivere poesia nel 2016 somiglia sempre più a un atto di resistenza culturale. Non è questo il luogo adatto per interrogarsi sui motivi che hanno portato l’espressione letteraria del sentire umano occidentale a convergere sempre più sulla prosa, ma è doveroso premetterlo quando si presenta l’opera di un giovane poeta.
Grzegorz Kwiatkowski è un esponente ancora poco noto del panorama lirico polacco che, nel contesto europeo, mantiene comunque qualche quota di vantaggio rispetto alla media avendo offerto alla scena letteraria alcuni validi poeti negli anni recenti. Kwiatkowski non è un nome estraneo ai lettori di PoloniCult che l’hanno conosciuto come voce e autore dei testi della band post-rock dei Trupa Trupa e il mondo sonoro dei ragazzi di Danzica è un buon viatico per avvicinarsi all’opera lirica del loro cantante e autore.
Ad oggi le prove poetiche di Kwiatkowski disponibili al pubblico sono tre, tutte uscite per i tipi di Biuro Literackie: Radości (Gioie) del 2013, Spalanie (Combustione) del 2015 e Powinni się nie urodzić Revisited – Urodzić (Non dovevamo nascere Revisited Nascere) uscito nel 2016 come riedizione revisitata di tre brevi raccolte uscite per OFF Press tra il 2008 e il 2010 ma oggi difficilmente reperibili nella loro forma originaria.
Il cuore di tutti e tre questi agili volumi di versi non è difforme, sono tutte espressione di un animo poetico complesso e naif allo stesso tempo, ma preferiamo concentrarci qui sul nucleo tematico delle due raccolte Radości e Spalanie, molto legate tra loro e forti di una particolare coerenza tematica e stilistica.
Radości – Spalanie: Spoon River in mezzo ai boschi della Pomerania.
Le due raccolte più recenti di Kwiatkowski sono anche i primi due capitoli di un’ideale nuova trilogia il cui terzo volume (Sowa, gufo, il titolo provvisorio) deve ancora vedere la luce. Il primo confronto con Radości è duro e spiazzante, ma sintetizza alla perfezione il mondo lirico con il quale ci confronteremo in quest’ottantina di pagine di gioie decisamente poco convenzionali.
Ogni primavera io e mio fratello andavamo per boschi
A recuperare e seppellire i caprioli morti
Che non erano sopravvissuti all’inverno
O erano caduti nelle trappole
E finiti dissanguati.
Erano i nostri anni più belli;
Una carriola piena di rami di pino e strisce di sangue
E la sensazione di gioia dopo un lavoro ben fatto.
Il candore dell’io lirico nel raccontare una scena così profondamente (e gratuitamente) macabra è il metronomo di una raccolta in cui il tema della morte nella sua veste più truculenta è presente con una costanza importante. Più avanti nella raccolta Kwiatkowski dà voce –come un novello Edgar Lee Masters- a una serie di defunti le cui lapidi per altro si trovano davvero nei pressi di Danzica e anche in queste composizioni la disperazione di una morte violenta, dolorosa e niente affatto edulcorata incontra la semplicità di una narrazione lirica che resiste con epico candore a raccontarne i dettagli come fossero minuzie di una quotidianità di ben altro tipo.
Questa è la chiave sicuramente più interessante della raccolta: il modo in cui Kwiatkowski riesce a prendere le misure alla morte e a raccontarne sì i toni lugubri ma privandoli del potere di ineffabilità. La sofferenza raccontata con parole semplici dai suoi interpreti diventa normale, umana, e la tetra malinconia apparente dei versi di Kwiatkoski diventa quasi ironia, un’ironia che non sbeffeggia ma prova a rendere sensata l’insensata finitezza della vita sulla terra.
Spalanie continua la traccia di Radości, ma con una maturità in qualche modo diversa. La morte continua a essere un attore presente, a tratti ingombrante, ma la sua dimensione cambia volto e peso. Lentamente digradano le immagini tarantiniane per dare voce a un sentimento di morte più esistenziale, fatto della dimensione dell’assenza più che dal suo fisico avvenire.
Mio amico della domenica:
per anni abbiamo fatto assieme lunghe passeggiate per i boschi
tu avevi moglie e figli
ma trovavi lo stesso il tempo per me
Poi ti sei ammalato e i nostri incontri sono stati sempre meno
E per boschi ci andavo da solo
Infine sei morto
Ma è apparso presto qualcuno di nuovo
Che ha colmato bene la tua assenza
Se ieri non ti avessi sognato
Non mi saresti mai tornato alla mente
È così
Tra i rimorsi di coscienza
Una nuova vita si fa strada e spegne la vecchia
Energia
Energia
Combustione
Combustione
La lingua di Kwiatkowski resta così quotidiana, mite, nel raccontare storie che ancora una volta prendono per mano la morte e ne fanno elemento quotidiano, affrontabile, privato di una durezza che si smonta mentre viene messa a nudo.
Di certo questo non vuol dire che i versi del giovane Kwiatkowski siano pregni di ottimismo, ma la melancolica cupezza che accompagna la lettura delle poesie di Spalanie ha un risvolto di disincanto che alla fine è quasi felice, come l’uomo che accetta la morte dell’amico o i ragazzini che vanno per boschi a seppellire i caprioli.
In generale la realtà poetica di Kwiatkowski attinge a un mondo fatto di sofferenza e morte in una dialettica che, evidentemente per le frequenti ambientazioni boschive, evoca una dialettica cacciatore-preda i cui risvolti etici ed estetici prendono forma all’interno delle intere raccolte. Se è onesto ammettere che la vena poetica non è sempre florida allo stesso modo all’interno dei componimenti, resta vero anche che il messaggio non perde di efficacia. Di una poesia capace di accettare e compenetrare così la morte e la sofferenza c’è un gran bisogno, per far fronte a un mondo che ricerca –anche in letteratura- ossessivamente l’appagamento e l’intrattenimento e che vede come inaccettabile incidente di percorso ogni forma di sofferenza.
Scrivendo di morte Kwiatkowski celebra la vita, ne ammette la complessità concedendo alla sofferenza il suo spazio, spazio che può diventare valore e non piega sgradevole e incomprensibile all’interno di un percorso che si vorrebbe limpido e lineare. Nel candore con cui la morte, anche dolorosa e cruenta, è protagonista dei versi di Kwiatkowski si respira l’aria pura dell’imperfezione, ed è un gran sollievo.”